Legambiente Pendolaria

by Anita Astuto
Febbraio 3, 2020

Oggi a Palermo è stato presentato il rapporto annuale di Legambiente Pendolaria 2019, sul traporto ferroviario in Italia, per fare il punto su che cosa si muove e che cosa no sulla rete, in termini di soldi, convogli e persone, e approfondire i risultati prodotti dagli investimenti. Pendolaria, dal 2008, racconta numeri e storie, buone pratiche e denunce da parte dei comitati pendolari che vengono raccolte durante l’anno e sono consultabili sul sito www.pendolaria.it. In occasione del focus sul disastroso stato delle ferrovie in Sicilia il nostro circolo ha voluto realizzare un contributo video sullo stato della tratta Caltagirone – Gela

All’incontro, introdotto dal vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini e coordinato dal presidente di Legambiente Sicilia Gianfranco Zanna, sono intervenuti tra gli altri il ministro per il Sud e la Coesione Territoriale Giuseppe Provenzano, il direttore generale del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti Angelo Mautone, l’assessore ai Trasporti della Regione siciliana Marco Falcone, dirigenti di Trenitalia e RFI.

 “Abbiamo scelto di presentare Pendolaria a Palermo perché sono le grandi città e il Sud le due emergenze del nostro Paese nel trasporto ferroviario – ha dichiarato il vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini – La nuova Commissione europea guidata da Ursula Von der Leyen si è impegnata per politiche e obiettivi più ambiziosi e per un piano di investimenti da mille miliardi di euro per raggiungere i target fissati con l’Accordo di Parigi sul Clima e fermare la crescita della temperatura del Pianeta. I trasporti sono l’unico settore che in Italia ha visto crescere le emissioni dal 1990 ad oggi; dobbiamo scegliere di accelerare il cambiamento della mobilità con politiche più incisive e l’obiettivo di raddoppiare il numero di viaggiatori giornalieri su treni regionali e metropolitane, dagli attuali 5,7 a 10 milioni. Il cambiamento della mobilità è imprescindibile per conseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni di COfissati dall’Unione europea al 2030 e al 2050 in cui si dovrà aver raggiunto la totale decarbonizzazione”.

Pendolaria 2020 Focus Sicilia

Tra le diverse parti d’Italia perdurano differenze enormi nella qualità e nell’offerta del servizio ferroviario. In alcune aree il servizio è tra i più competitivi al mondo, come tra Firenze e Bologna dove l’offerta, per quantità e velocità dei treni, non ha paragoni in Europa; ma fuori dalle direttrici principali dell’alta velocità e dalle Regioni che in questi anni hanno investito, la situazione del servizio sta peggiorando, con meno treni in circolazione e, di conseguenza, meno persone che prendono il treno. In particolare il Meridione continua a soffrire di un’assenza di progetto.

Al Sud – ha aggiunto Edoardo Zanchini – muoversi in treno tra le città è praticamente impossibile, perché i collegamenti sono meno che nel 2010 a seguito dei tagli e i treni sono più vecchi e lenti che nel resto d’Italia. Oggi abbiamo presentato le nostre proposte per uscire da questa situazione e chiediamo al Governo di smetterla con un dibattito che ruota tutto alle grandi opere e di affrontare queste sfide. Serve un piano per il Sud fatto di treni nuovi da mettere su linee da elettrificare e potenziare, ed è urgente cambiare le priorità infrastrutturali del Paese spostandole nelle aree urbane. Il dato positivo è che ovunque in Italia si è investito sul ferro i risultati sono stati positivi, con una quota crescente di cittadini che ha rinunciato all’auto proprio perché esisteva un’alternativa agli spostamenti in automobile che sono ancora preponderanti nel nostro Paese”.

E’ infatti drammatica è la situazione al Sud, dove i treni sono vecchi (età media 19,3 anni rispetto ai 12,5 anni al Nord) e pochi (sono stati addirittura ridotti gli intercity e i regionali in circolazione negli ultimi dieci anni) e viaggiano su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate. Rispetto al resto del Paese sono di meno sia le Frecce, che gli Italo, gli Intercity e i regionali.

Occorre cambiare le priorità infrastrutturali del nostro Paese e recuperare i tagli al trasporto ferroviario. Dal 2000 a oggi nulla è cambiato nel dibattito sulle priorità infrastrutturali italiane, con un’attenzione che ci si concentra sempre sulle grandi opere: dal 2002 al 2017 i finanziamenti statali hanno premiato per il 60% gli investimenti in strade e autostrade. Emblematici sono i dati degli interventi realizzati dal 2010 al 2017: 275 km di autostrade (tra cui ricordiamo la Bre.Be.Mi., il Quadrilatero nelle Marche ed Umbria, parte della Asti-Cuneo), a cui si aggiungono altri 1.543 km di strade nazionali, a fronte di 70 chilometri di metropolitane e 34,5 km di tram (17 km a Palermo, 12,5 a Venezia, 6 a Cagliari).

Dal 2016 ad oggi la ripartizione dei finanziamenti è in parte cambiata, per il superamento della Legge Obiettivo e per l’approvazione nella scorsa legislatura, grazie al Ministro Delrio, di finanziamenti per lo sviluppo del trasporto rapido di massa. In attuazione del DM 22/12/2017 e dei fondi europei FSC sono stati ripartiti 4,2 miliardi di euro per investimenti nelle città. Inoltre a dicembre 2019 sono stati ripartiti ulteriori 2,3 miliardi di Euro per interventi in attuazione della Legge di Bilancio 2018. La novità è che per la selezione di questi interventi è stata definita una procedura che verifica la coerenza con le Linee guida del MIT per la valutazione degli investimenti pubblici.

I finanziamenti statali per il servizio ferroviario regionale hanno visto una diminuzione tra il 2009 ed il 2019 del 21,5%, mentre i passeggeri crescevano di oltre l’8%. Per i trasporti su gomma e su ferro si è passati da una disponibilità di risorse di circa 6,2 miliardi di euro a 4,8 miliardi nel 2019. Nella XVII legislatura per il servizio del trasporto pubblico locale la dotazione di risorse è stata resa strutturale e svincolata dall’andamento dell’accisa, in modo da superare l’incertezza delle oscillazioni e il legame con i consumi di benzina e gasolio. La dotazione del Fondo Nazionale TPL è pari a 4.876.554 euro per il 2019 ed a 4.875.554 euro per il 2020, risorse del tutto inadeguate per potenziare il trasporto ferroviario regionale e gli investimenti indispensabili a recuperare la differenza dagli altri Paesi europei.

Le priorità di Legambiente per il rilancio del trasporto ferroviario sono:

  • Più treni sulla rete ferroviaria. Per rendere attraente il trasporto su ferro occorre programmare un potenziamento dell’offerta a partire dai segmenti con maggiore domanda per arrivare a un treno ogni 8-15 minuti sui treni regionali nelle linee più frequentate a un treno ogni 3-4 minuti sulle metro e poi sui tram e le altre linee regionali.
  • Priorità agli investimenti infrastrutturali nelle città. Nel 2019 non è stato inaugurato neanche un chilometro di linee di metropolitane e nel 2018 solo 0,6 km. Per colmare il gap attuale con gli altri grandi Paesi europei dobbiamo decidere che la priorità dei prossimi anni è costruire 200 chilometri di metro, 250 di tram, 300 di linee suburbane.
  • Un piano per muoversi al Sud in treno. La proposta prevede di garantire un servizio cadenzato con almeno un treno ogni ora e nuovo materiale rotabile, lungo le direttrici principali che collegano città, porti e aeroporti come sulla Napoli-Reggio Calabria, Taranto-Reggio Calabria, Salerno-Taranto, Napoli-Bari, Palermo-Messina-Catania.

In particolare per rilanciare il trasporto ferroviario servono almeno 500 milioni di euro all’anno da destinare al fondo per il TPL e il trasporto ferroviario regionale; garantire che almeno 2 miliardi di euro all’anno dei fondi introdotti nelle ultime Leggi di Bilancio per gli investimenti dello Stato siano indirizzati a un programma di nuove linee di tram e metropolitane nelle città; aggiungere agli investimenti previsti almeno 600 milioni di euro all’anno per continuare nel rinnovo del parco circolante regionale, per le metropolitane e tram, per gli Intercity, per le Frecce da introdurre nelle linee al sud.

Le risorse ci sono: si possono recuperare dai sussidi all’autotrasportodagli introiti delle autostrade, dalla cancellazione di investimenti sbagliati (come quelli per nuove autostrade al nord). E in questa direzione dovrebbe andare anche la revisione delle priorità infrastrutturali dei prossimi anni di Anas e delle concessionarie autostradali, per indirizzare la spesa verso la manutenzione e gli investimenti davvero necessari), dai bilanci delle Regioni che devono far crescere la spesa nel bilancio per portarla al 5% in modo da prevedere obiettivi più ambiziosi nei Contratti di servizio.

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